Politica dei dazi, multipolarismo e rischio di crisi del dollaro: qualche riflessione

di Andrea Fumagalli

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Tra squilibri commerciali manipolati, rischi di svalutazione e ascesa dei BRICS+, la politica protezionistica americana accelera la crisi dell’egemonia occidentale.

Abstract

L’articolo smonta la narrazione trumpiana dello “squilibrio commerciale” tra USA e UE, dimostrando come il surplus europeo (50 miliardi nel 2024) sia marginale rispetto all’interscambio totale (1.684 miliardi). I dazi al 15% – legati a condizioni impossibili (1.350 miliardi di investimenti e import energetici) – nascondono obiettivi politici: finanziare il debito USA (30.881 miliardi di passivi verso l’estero) e sostenere il dollaro, oggi in calo del 10%. Intanto, la fuga di capitali da Wall Street (+39% di investimenti in Europa nel 2025) e la strategia cinese di disinvestimento dai Treasury (‑30 miliardi a marzo) segnalano una crisi strutturale. Trump ottiene vittorie speculative (taglio alla tassa globale del 15% sulle multinazionali, stop alla digital tax Ue) ma acuisce le contraddizioni: i BRICS+ controllano il 24% del commercio non-SWIFT e la supremazia tecnologica-militare USA vacilla. La parabola del libero scambio marxiano si compie: il protezionismo americano, anziché salvare l’egemonia, ne affretta il crollo.


Scheda sintetico-analitica

1. Tesi centrale

La politica dei dazi di Trump è un disperato tentativo di mascherare il declino dell’egemonia USA, tra debito insostenibile, svalutazione del dollaro e ascesa dei BRICS+. L’Europa, complice con le rinunce fiscali, ne paga il prezzo.

2. Argomenti chiave

  • Il mito dello squilibrio commerciale: Il surplus UE-USA (50 miliardi) è solo il 3% dell’interscambio. Il vero sbilancio è finanziario: gli USA devono attrarre capitali per coprire 30.881 miliardi di debiti esteri.
  • Dazi come arma politica: Servono a finanziare il Tesoro (152 miliardi incassati a luglio 2025) e sostenere Wall Street, ma rischiano di alzare l’inflazione (+1,8%) e impoverire le famiglie (-2.400$ annui).
  • Europa complice: Rinuncia alla tassa minima del 15% sulle multinazionali e alla digital tax, mentre aumenta le spese militari al 6% del PIL (piano ReArm Europe).
  • Crisi del dollaro: La svalutazione (‑10%) e la fuga di capitali (+39% verso l’Europa) riflettono la perdita di fiducia. La Cina riduce i Treasury (‑30 miliardi) e accelera le transazioni non-SWIFT (24% del commercio globale).
  • Ascesa dei BRICS+: Superiorità logistica e militare (droni russi, spesa cinese), ma tensioni interne (India-Cina) frenano la moneta comune R5.

3. Dati emblematici

  • Debito USA: 30.881 miliardi di attività finanziarie in mano a estero (60% azioni, 40% Treasury).
  • Svalutazione: Dollaro a ‑10% nel 2025, Dow Jones crollato a 37.645 punti ad aprile.
  • BRICS+: 24% del commercio globale fuori dallo SWIFT, transazioni in yuan/rublio in crescita.

4. Prospettive critiche

  • Trump: Usa i dazi per compensare il declino industriale (delocalizzazioni in Messico/Canada) e placare i mercati, ma alimenta la recessione.
  • UE: Subisce senza reagire, svendendo sovranità fiscale e ambientale (gnl USA, tagli al welfare).
  • BRICS+: Prudenti sulla moneta comune, ma avanzano con alleanze energetiche (India-Russia) e tecnologie (AI cinese).

5. Conclusione

Il protezionismo USA non salva l’egemonia, ma ne rivela la crisi. La multipolarità è già realtà: mentre Trump gioca a riequilibrare conti inesistenti, i BRICS+ riscrivono le regole del gioco. Come previsto da Marx, il libero scambio – oggi sabotato dagli stessi USA – affretta la fine del loro dominio.

Fonte: Andrea Fumagalli, Politica dei dazi, multipolarismo e rischio di crisi del dollaro – Dati: FMI, Eurostat, Bank of America, Ministero del Tesoro USA.