L’imperialismo statunitense in crisi by Sam-Kee Cheng MRonline 10-4-25

FONTE MRonline
US Imperialism in Crisis: Opportunities and Challenges to a Global Community with a Shared Future By Sam-Kee Cheng (Posted Apr 10, 2025)
TRADUZIONE redazionale
PRESENTAZIONE E SCHEDA SEMANTICA a cura di ChatGPT

L’imperialismo statunitense in crisi: opportunità e sfide per una comunità globale dal futuro condiviso di Sam-Kee Cheng 


PRESENTAZIONE

Il saggio analizza la traiettoria dell’imperialismo statunitense dal secondo dopoguerra a oggi, con particolare attenzione alle sue crisi strutturali, alle strategie di rilancio e alle contraddizioni che ne stanno accelerando il declino. Dopo aver affrontato la crisi degli anni Settanta e la risposta neoliberale che ha segnato il rilancio della potenza statunitense, l’autore descrive come, nel XXI secolo, nuove forze geopolitiche ed economiche – in particolare la Cina – stiano sfidando l’egemonia degli Stati Uniti.

Attraverso un’analisi articolata e multidimensionale, il testo esamina:

  • il logoramento della base produttiva statunitense a favore di un’economia fondata su rendite e rendimenti finanziari,
  • la persistenza dell’egemonia ideologica, soprattutto nei paesi del blocco occidentale,
  • le tendenze emergenti che rivelano l’insostenibilità dell’attuale sistema imperiale, come il rafforzamento del Sud Globale e l’espansione di infrastrutture alternative (BRI, BRICS, de-dollarizzazione).

L’articolo si chiude con una riflessione sulle possibilità di costruzione di una nuova comunità globale, fondata sulla cooperazione multilaterale e sulla sovranità condivisa, ponendo in evidenza il ruolo chiave della Cina nel promuovere un ordine alternativo e inclusivo.


SCHEDA SINTETICO/ANALITICA

Autore: Sam-Kee Cheng
Titolo tradotto: L’imperialismo statunitense in crisi: opportunità e sfide per una comunità globale dal futuro condiviso
Temi principali: imperialismo, egemonia statunitense, Cina, crisi capitalista, multipolarismo
Struttura: 7 sezioni
Fonti principali: Desai (2013, 2023), McCormack, Irwin, Dunford, WHO, RAND Corporation, Global South Institute

Sintesi contenutistica:

  • 1. Introduzione: L’autore chiarisce l’approccio adottato per analizzare il sistema imperiale statunitense, muovendo da un punto di vista storico-materialista e critico verso il concetto di egemonia.
  • 2. L’imperialismo statunitense negli anni ’70: Dopo la crisi della fine del sistema di Bretton Woods e dello shock petrolifero, gli USA rilanciano la propria leadership attraverso una riconfigurazione del capitalismo globale, finanziarizzazione e dominio del dollaro.
  • 3. Le sfide nel XXI secolo: Viene evidenziato il ruolo crescente della Cina, non solo come potenza economica, ma anche come alternativa al modello statunitense, soprattutto nel Sud Globale. Si analizzano anche le strategie di contenimento messe in campo dagli USA.
  • 4. Erosione della base economica: Gli Stati Uniti hanno visto un declino della loro capacità produttiva e un crescente affidamento su rendite finanziarie, esportazione di capitale e controllo valutario – elementi che rendono fragile la loro egemonia.
  • 5. Egemonia ideologica: Nonostante il declino materiale, l’influenza ideologica degli USA resta significativa, grazie al soft power e al potere delle istituzioni accademiche, dei media e dei think tank occidentali.
  • 6. Controtendenze: Emergono nuove strutture e iniziative (BRICS, BRI, accordi commerciali in yuan, infrastrutture digitali e tecnologiche alternative) che sfidano l’ordine liberista e promuovono un mondo multipolare.
  • 7. Conclusione: Si prospetta una transizione difficile e non priva di rischi, ma aperta alla costruzione di una comunità globale fondata su relazioni più eque. La crisi dell’imperialismo USA è anche l’occasione per un cambiamento epocale dell’ordine mondiale.

Parole chiave:

Imperialismo | Egemonia | Stati Uniti | Cina | Multipolarismo | Finanziarizzazione | Sud Globale | Ordine mondiale


CONCLUSIONI

Il saggio propone un’interpretazione critica della traiettoria dell’imperialismo statunitense, mostrando come la sua crisi non sia soltanto congiunturale ma strutturale. La combinazione di declino industriale, fragilità finanziaria e crescente competizione internazionale, soprattutto da parte della Cina, mina le fondamenta dell’egemonia globale americana.

L’egemonia ideologica e militare riesce ancora a mantenere in piedi una certa influenza, ma l’emergere di nuove alleanze, pratiche e istituzioni da parte del Sud Globale – e in particolare del blocco asiatico – preannuncia un possibile superamento del paradigma unipolare.

Il testo non si limita a descrivere un sistema in crisi, ma apre a una riflessione sulle opportunità che tale crisi può offrire per immaginare e costruire un ordine mondiale più equo, basato sul rispetto della sovranità, sulla cooperazione multilaterale e sulla condivisione del progresso. In questo scenario, la Cina viene delineata non come una nuova potenza imperiale, ma come un attore sistemico potenzialmente capace di sostenere una trasformazione progressiva dell’ordine internazionale.

SEGUE: LINK AL TESTO ORIGINALE / TRADUZIONE
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La dottrina Trump e il nuovo imperialismo MAGA

FONTE Monthly Review (Jun 01, 2025)
The Trump Doctrine and the New MAGA Imperialism / by John Bellamy Foster
IMMAGINE La politica degli Stati Uniti è ricatto.
“U.S. POLITICS IS BLACKMAIL,” Moscow, 1984. Source: Kershin Yu.V., Soviet Anti-American Propaganda, The Sergo rigorian Collection.
TITOLO La dottrina Trump e il nuovo imperialismo MAGA

Il report contiene
Abstract (by Perplexity)
Sintesi analitica (by Perplexity)
Traduzione del saggio originale
Link alle fonti utilizzate da Perplexity

LINK AL TESTO ORIGINALE


Abstract/Presentazione

Il testo “The Trump doctrine and new MAGA imperialism” di J. B. Foster analizza la trasformazione radicale della politica estera e della strategia imperialista degli Stati Uniti sotto le amministrazioni di Donald Trump, con particolare attenzione al secondo mandato. Foster sostiene che la cosiddetta “dottrina Trump” non rappresenta un ritiro dall’imperialismo, come alcuni critici o sostenitori affermano, bensì una sua riconfigurazione in chiave ipernazionalista e revanscista. La strategia “America First” abbandona l’ordine internazionale liberale e la tradizionale egemonia multilaterale degli USA, puntando invece a una proiezione di potere più aggressiva, conflittuale e selettiva, soprattutto verso la Cina e il Sud globale. Foster descrive le implicazioni di questa nuova dottrina in termini di conflitti economici (guerre tariffarie), militari e culturali, sottolineando i rischi di un’ulteriore destabilizzazione globale e di un possibile declino accelerato della potenza statunitense.

Sintesi Analitica

1. Rottura con la tradizione imperialista liberale

  • Sotto Trump, gli Stati Uniti hanno abbandonato l’ordine internazionale liberale costruito nel dopoguerra, rifiutando sia l’espansione della NATO sia la strategia delle guerre per procura, come in Ucraina, e adottando invece una politica di scontro diretto e di imposizione di dazi anche verso i tradizionali alleati1.
  • Questa svolta ha generato confusione sia tra le élite politiche sia tra alcuni settori della sinistra, che hanno erroneamente interpretato Trump come isolazionista o anti-imperialista1.

2. Nuova strategia imperialista: America First

  • Foster sostiene che la dottrina Trump, lungi dall’essere anti-imperialista, rappresenta una forma aggiornata di imperialismo, fondata su ipernazionalismo, revanscismo e la percezione di un declino della potenza statunitense minacciata sia dall’interno (immigrazione, “marxismo culturale”) sia dall’esterno (Cina, Sud globale)1.
  • L’obiettivo principale è il rafforzamento del potere statunitense tramite una logica a somma zero, con la Cina come principale rivale strategico e una relativa marginalizzazione di altri teatri come il Medio Oriente.

3. Dottrina Trump e identità nazionale

  • La dottrina Trump, articolata da ideologi come Michael Anton, si basa su quattro pilastri: populismo nazionale, rifiuto dell’internazionalismo liberale, nazionalismo coerente per tutti i paesi e ritorno a una concezione etnica e omogenea della nazione.
  • Questa visione si oppone sia al multiculturalismo sia al cosmopolitismo, promuovendo una definizione razziale e religiosa dell’identità americana1.

4. Imperialismo economico e guerre tariffarie

  • Dal 2025, Trump ha imposto dazi generalizzati su tutti i paesi, con tariffe particolarmente elevate contro la Cina, l’Unione Europea e altri partner commerciali, innescando una guerra commerciale e valutaria globale che ha scosso anche Wall Street.
  • L’obiettivo dichiarato è la “indipendenza economica” americana, ma la strategia rischia di provocare una recessione globale e di accelerare il declino dell’egemonia del dollaro e delle istituzioni internazionali su cui si fonda il potere statunitense.

5. Sostegno ideologico e sociale

  • La nuova strategia imperialista trova sostegno sia nella base populista MAGA (Make America Great Again), sia in settori dell’élite capitalista legati alla tecnologia, al private equity e all’energia.
  • Think tank come American Compass elaborano strategie economiche protezioniste e anti-cinesi, promuovendo la rottura dei rapporti economici con Pechino e opponendosi a ogni forma di “woke capital”, cioè a politiche aziendali inclusive e multiculturali1.

6. Conseguenze e prospettive

  • Foster avverte che la prosecuzione di questa strategia potrebbe condurre a una “Nuova Era di Catastrofi”, simile agli anni ’30 del Novecento, con distruzioni economiche, ecologiche e belliche su vasta scala.
  • L’intensificarsi dei conflitti interni tra capitale finanziario globalizzato e nazionalismo MAGA, insieme alla crescente repressione, potrebbe generare forti movimenti di resistenza sia negli Stati Uniti che a livello globale1.

In sintesi, Foster interpreta la dottrina Trump non come un ritiro dall’imperialismo, ma come una sua mutazione in senso nazionalista, razzializzato e conflittuale, che rischia di destabilizzare ulteriormente l’ordine mondiale e di accelerare la crisi della potenza statunitense.

La dottrina Trump e il nuovo imperialismo MAGA – traduzione

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Monthly Review 2025/4/1

FONTE Monthly Review (1 Aprile 2025)
TRADUZIONE della presentazione del volume a cura della redazione
anticipata da una riduzione a cura del pgr IA Perplesity

April 2025 (Volume 76, Number 11)

Nello stesso numero

The U.S. Ruling Class and the Trump Regime , John Bellamy Foster
The Dialectics of Ecology and Ecological Civilization , Chen Yiwen
Lao Socialism with Buddhist Characteristics , Yumeng Liu
The Danger of Fascism in the United States: A View from the 1950s , Paul A. Baran

SUNTO by Perplexity

Presentazione del Saggio

Il saggio analizza criticamente il Premio in Scienze Economiche della Banca di Svezia in memoria di Alfred Nobel, assegnato nel 2024 a Daron Acemoglu, Simon Johnson e James A. Robinson (AJR) per il loro lavoro sulle “Origini coloniali dello sviluppo comparato”. L’autore sostiene che il premio sia stato storicamente utilizzato per promuovere ideologie economiche conservatrici, spesso ignorando o giustificando le implicazioni coloniali e imperialiste delle teorie premiate. In particolare, l’opera di AJR è criticata per aver idealizzato le istituzioni “inclusive” introdotte nei paesi di colonizzazione europea, omettendo le violenze e le esclusioni sistematiche subite dalle popolazioni indigene.

Sintesi Analitica

  1. Origine e Contesto del Premio
  • Il Premio in Scienze Economiche non fa parte dei premi originali istituiti da Alfred Nobel, ma è stato introdotto nel 1969 dalla Banca di Svezia.
  • È accusato di essere uno strumento ideologico per sostenere l’economia neoclassica e contrastare correnti economiche radicali.
  1. Premio 2024 e Critiche
  • AJR hanno ricevuto il premio per la loro teoria secondo cui le istituzioni “inclusive” (es. proprietà privata e capitalismo) hanno favorito lo sviluppo economico nei paesi colonizzati da europei.
  • La loro analisi si basa sull’idea che il clima e la mortalità europea abbiano determinato la natura delle istituzioni coloniali: “inclusive” nei paesi con alta presenza europea (es. Stati Uniti, Canada) e “estrattive” altrove (es. Africa).
  • Tuttavia, omettono sistematicamente il ruolo della violenza coloniale, del genocidio indigeno e della schiavitù nella formazione di queste istituzioni.
  1. Critica Marxista di Shahram Azhar
  • Azhar confronta il lavoro di AJR con quello del marxista Paul Baran (1957), che aveva già analizzato le divergenze economiche globali legate al colonialismo.
  • Baran sottolineava come tutte le forme di colonizzazione fossero basate sull’esclusione e sull’accumulazione primitiva del capitale, contrariamente alla visione “inclusiva” proposta da AJR.
  • Azhar accusa AJR di eurocentrismo e di ignorare il sistema globale del capitalismo monopolistico.
  1. Problemi Metodologici
  • AJR utilizzano la mortalità dei soldati europei come proxy per la mortalità dei coloni, una scelta metodologica discutibile che ignora le morti delle popolazioni indigene.
  • Le istituzioni “inclusive” sono definite in termini di basso rischio di espropriazione per i proprietari terrieri europei, senza considerare l’espropriazione originaria delle terre indigene.
  1. Implicazioni Ideologiche
  • Il lavoro di AJR è interpretato come una giustificazione del colonialismo insediativo e delle sue conseguenze genocidiarie.
  • Gli autori hanno anche applicato la loro teoria al conflitto israelo-palestinese, descrivendo Israele come un esempio di istituzioni “inclusive”, ignorando l’oppressione dei palestinesi.
  1. Conclusione
  • Il saggio denuncia come il Premio in Scienze Economiche sia stato usato per legittimare narrazioni neoliberali che minimizzano le ingiustizie storiche legate al colonialismo.
  • L’autore invita a una riflessione critica sulle implicazioni morali e politiche delle teorie economiche premiate.

Questo saggio rappresenta un’importante critica alla narrativa dominante nell’economia accademica, evidenziando la necessità di considerare le dimensioni storiche e sociali dello sviluppo economico globale.

Citations:
[1] https://ppl-ai-file-upload.s3.amazonaws.com/web/direct-files/12886793/08f888f0-4342-4bff-8663-ceedc7abf2b6/paste.txt


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SEGUE TRADUZIONE DEL TESTO

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L’ideologia MAGA e il regime di Trump / J.B.Foster

FONTE Montley Review (May 01, 2025)
TRADUZIONE di
The MAGA Ideology and the Trump Regime
by John Bellamy Foster
ABSTRACT by IA Perplexity
IMMAGINE “The Bosses of the Senate” di Joseph Keppler, originariamente pubblicato sulla rivista Puck, gennaio 1889. Immagine tramite Biblioteca del Congresso.

Presentazione by Perplexity

L’articolo “The MAGA Ideology and the Trump Regime” di John Bellamy Foster, pubblicato il 1° maggio 2025, analizza la seconda amministrazione Trump negli Stati Uniti, concentrandosi sull’ideologia MAGA (Make America Great Again) e sulle sue radici materiali e storiche.
Foster esamina come il ritorno di Trump alla Casa Bianca abbia portato a una serie di misure drastiche, tra cui il congelamento delle spese federali, la riorganizzazione delle agenzie governative e la promozione di una visione del mondo fortemente anti-progressista, spesso definita come lotta contro il “marxismo culturale”. L’autore collega queste azioni a una più ampia tendenza neofascista, sostenendo che la vera forza trainante non sia Trump stesso, ma un’alleanza tra settori del capitale monopolistico e una base mobilitata della piccola borghesia bianca, con l’obiettivo di smantellare lo stato amministrativo e rafforzare il potere esecutivo.

Parole chiave

SEGUE : Analisi schematica, Schema riassuntivo, Conclusione, Traduzione italiana del saggio di Foster
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Il Deep Empire non dorme mai…

SINTESI dell’articolo di Alessandro Scassellati su Transorm! Italia
FONTE Sinistrainrete 24-4-25
TITOLO redazionale
IMMAGINE by ChatGPT
SINTESI by Deepseek

Come nascondere un impero: il disvelamento dell’impero degli Stati Uniti” di Alessandro Scassellati

L’articolo “Come nascondere un impero: il disvelamento dell’impero degli Stati Uniti” di Alessandro Scassellati esplora la storia dell’imperialismo statunitense, spesso oscurata dalla retorica ufficiale che dipinge gli USA come una “democrazia anti-coloniale”. Attraverso una recensione critica del libro How to Hide an Empire di Daniel Immerwahr, l’autore smonta il mito dell’America come potenza esclusivamente continentale, rivelando invece un passato (e un presente) di dominio territoriale, controllo militare e sfruttamento coloniale.

LINK al testo su Sinistrainrete
Segue una SINTESI effettuata da Deepseek
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Oro e titoli di Stato: l’America di Trump non è più un porto sicuro

Titolo: Oro e titoli di Stato: l’America di Trump non è più un porto sicuro
Autore: Luigi Pandolfi
Testata: Il Manifesto
Data: 20 aprile 2025
ABSTRACT con ChatGPT

Incipit
Global economy Fa un certo effetto apprendere che Bank of England vorrebbe rimpatriare il 30% delle sue riserve depositate presso la Fed di New York. Ma non è né il primo né il solo caso

Presentazione
Nell’articolo “Oro e titoli di Stato: l’America di Trump non è più un porto sicuro” pubblicato su Il Manifesto il 20 aprile 2025, Luigi Pandolfi analizza il crescente scetticismo internazionale verso la sicurezza economica e finanziaria degli Stati Uniti. Il sintomo principale di questa sfiducia è il progressivo rimpatrio dell’oro da parte di vari Paesi e il disimpegno dai titoli del Tesoro USA. Il fenomeno, che colpisce il cuore della fiducia globale nel dollaro e nella stabilità americana, è legato in particolare all’instabilità politica acuita dal ritorno sulla scena di Donald Trump e dalle sue esternazioni, oltre che alle tensioni geopolitiche e alle strategie protezionistiche messe in atto dagli USA. Tra le alternative emergenti, Pandolfi segnala la Germania come nuovo polo di attrazione finanziaria, in un contesto dove la corsa al riarmo si intreccia sempre più con le dinamiche del capitale.

1. Tesi centrale

Gli Stati Uniti stanno perdendo il loro status di “porto sicuro” per le riserve auree e gli investimenti finanziari a causa della crescente instabilità politica, della gestione caotica della politica commerciale (dazi) e delle dichiarazioni ambigue di Trump, che minano la fiducia nei confronti del sistema finanziario americano.

KW : Cina, Dedollarizzazione, Dilemma di Triffin, Finanza e armi, Germania, Guerra dei dazi, Methuselah Bonds, Multipolarità finanaziaria, Pandolfi Luigi, Riserve auree, Stati Uniti, T-Bond (Treasury Bond), Treasury Bond (T-Bond), Trump Donald,


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Il piano strampalato di Trump, sui dazi la Cina era preparata

Il piano strampalato di Trump, sui dazi la Cina era preparata
Francesco Saraceno economista
FONTE DOMANI 19 aprile 2025
ABSTRACT di ChatGPT

Il saggio di Francesco Saraceno analizza la strategia commerciale dell’amministrazione Trump in un contesto globale sempre più frammentato. Dietro i dazi e le dichiarazioni aggressive, l’economista individua una visione del mondo confusa, tra improvvisazione e obiettivi contraddittori. Saraceno smonta il protezionismo trumpiano mostrando come le misure adottate, lungi dall’essere efficaci, rischiando di indebolire gli Stati Uniti stessi, sia sul piano industriale che geopolitico. Centrale è il confronto con la Cina, potenza emergente più preparata di quanto la Casa Bianca sembri riconoscere. In chiusura, l’autore solleva interrogativi sul possibile indebolimento strutturale del dollaro e sulla tenuta dell’egemonia americana.

KW : Cina, Economisti liberali, Guerra dei dazi, Nixon shock, Politica economica, Protezionismo, Saraceno Francesco, Stati Uniti,

 Temi chiave

  • Protezionismo e mercantilismo
  • Strategia commerciale USA
  • Sistema monetario internazionale
  • Conflitto USA-Cina
  • Dollaro e ruolo di valuta di riserva
  • Industria e servizi
  • Globalizzazione e catene del valore
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DAZI CHE GIOCANO COL FUOCO

Titolo: Dazi che giocano col fuoco
Autore: Siegmund Ginzberg
Testata: Il Foglio Quotidiano
Data: 19 aprile 2025
Tema centrale:
Critica storica e teorica del protezionismo come strumento di potere che genera instabilità economica e conflitti geopolitici.
IMMAGINE Poster fascista con un samurai che distrugge le navi alleate, spalleggiato dall’Italia e dalla Germania nazista (Getty)

Un ABSTRACT di ChatGPT

Il protezionismo, lungi dall’essere una soluzione alle crisi economiche, si rivela spesso una causa aggravante delle stesse. Peggio ancora, diventa una miccia geopolitica quando usato come arma di potere: può portare alla guerra, come accadde nel Pacifico tra USA e Giappone. Oggi, il ritorno a politiche daziarie sotto Trump rischia di ripetere tragici errori del passato.

Lo storico di Princeton Harold James, autore di Seven Crashes: the Economic Crises that Shaped Globalization (Yale University Press 2023) sostiene ad esempio che quei dazi ebbero effetti devastanti per il Giappone, il quale giusto un anno dopo, nel settembre 1931, invase la Manciuria per appropriarsi delle sue risorse minerarie, e poi la Corea e la Cina. Era di fatto l’inizio della guerra mondiale.

Quasi nessuno ha ben capito cosa vuole ottenere Trump con i suoi dazi. Far pagare ai partner commerciali le riduzioni fiscali che ha promesso ai suoi elettori? O fargliele pagare in altro modo ai consumatori americani, favorendo i ricchi? Far cassa e basta, come suggerirebbe il modo ossessivo in cui continua a vantare miliardi su miliardi di entrate aggiuntive che sarebbero dovute ai dazi?

Il sogno dichiarato del segretario al commercio di Trump, Howard Lutnick, è che “l’armata di milioni e milioni di esseri umani che avvitano vitine per fare gli iphone verrà in America”. Di Lutnick, il suo compagno di squadra di governo Elon Musk ha detto che “ha un quoziente di intelligenza pari a quello di un sacco di mattoni”. Il fattore idiozia non è mai da sottovalutare. Il Wall Street Journal, che non è proprio di sinistra, ha condotto un’inchiesta molto dettagliata su da dove vengano le diverse componenti degli Iphone di Apple. Da 40 diversi Paesi. Le parti più complesse da Cina, Taiwan, Corea del Sud, Giappone. Altro che armate di omini col cacciavitino! Nessuno può fare da solo.

KW : Copeland Dale C., Ginzberg Siegmund, Grande Depressione, Guerra dei dazi, Hirschman Albert O., James Harold, Nixon shock, Politica economica, Protezionismo, Smoot-Hawley Tariff Act, Stati Uniti, Trump Donald

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Gli squilibri economici ristrutturano il mondo

Un saggio di Francesco Cappello per SEMINARE DOMANDE e pubblicato su Sinistrainrete
Qualche citazione
Parole chiave
Presentazioni sintetiche di Deepseek, Perplexity, DeepAI (ChatGPT ha trovato troppo lungo il testo)
LINK al testo
IMMAGINE dal sito su Sinistrainrete

Rimettere in primo piano l’economia interna / di Francesco Cappello

Non abbiamo bisogno di tassare a morte la nostra gente”, “Dobbiamo tassare i paesi che si approfittano di noi.” Poi Trump ha perciò avanzato l’idea di sostituire il gettito derivante dall’imposta sul reddito con entrate provenienti da dazi sulle merci importate. Questo approccio si ispira a un modello storico, quando gli Stati Uniti finanziavano il governo principalmente attraverso i dazi, prima dell’introduzione dell’imposta sul reddito nel 1913.

JP Morgan ha dichiarato che “l’oro è moneta, tutto il resto è credito

La conclusione di Fink è perentoria: se il debito non verrà riportato sotto controllo, gli Stati Uniti rischiano di perdere il ruolo di emittente della moneta di riserva internazionale a beneficio di asset digitali come Bitcoin.

L’imposizione al mondo del dollaro, una moneta nazionale facente le veci di una valuta internazionale, aveva permesso agli USA «il meraviglioso segreto di un deficit senza lacrime, che permette di donare senza prendere, di prestare senza indebitarsi e di comprare senza pagare», parole queste del già ministro delle finanze francese e consulente di De Gaulle J. Rueff.

KW –

Bretton Woods 2.0, BRICS plus, Chips Act, Cina, Conflitto tra paesi debitori e paesi creditori, Criptovalute, Dedollarizzazione, Dilemma di Triffin, Draghi Mario, e-CNY (Yuan Digitale), Federal Reserve, Genius Act (GA – Guiding and Establishing National Innovation for US Stablecoins), Globalismo, Globalizzazione, Guerra economica USA-CINA, Imposta sul reddito, Inflaction Reduction Act, Multipolarità valutaria, Stablecoin, Stati Uniti, Svalutazione del dollaro, SWIFT (sistema occidentale di pagamenti), Treasury, Trump Donald, Unione Europea, Yuan Digitale (e-CNY)

VAI AL TESTO Gli squilibri economici ristrutturano il mondo
Seguono le schede sintetiche di Deepseek, Perplexity, DeepAI
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La classe dirigente statunitense e il regime di Trump / di J.B.Foster

FONTE Monthly Review. 2025, Volume 76, Numero 11 (Aprile 2025)
TRADUZIONE DI The U.S. Ruling Class and the Trump Regime
by John Bellamy Foster
PRECEDUTA DA UN ABSTRACT
LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE
https://monthlyreview.org/2025/04/01/the-u-s-ruling-class-and-the-trump-regime/

Monthly Review. 2025, Volume 76, Numero 11 (Aprile 2025)

ABSTRACT

L’articolo “La classe dirigente statunitense e il regime di Trump” di John Bellamy Foster (aprile 2025) offre una riflessione critica sullo stato attuale della politica e dell’economia negli Stati Uniti, con particolare attenzione al ruolo della classe capitalista e all’ascesa di Donald Trump come simbolo di un cambiamento politico radicale verso destra.

Presentazione sintetica:

L’autore analizza come, storicamente, la classe capitalista statunitense abbia detenuto un enorme potere economico, ma che fino a poco tempo fa si sosteneva che questo potere non si traducesse direttamente in controllo politico, mantenendo così una separazione tra economia e Stato, fondamentale per la democrazia liberale. Tuttavia, questa visione è oggi superata: la crisi strutturale del capitalismo e il declino della democrazia liberale hanno portato a una crescente influenza diretta dell’oligarchia economica sul governo, incarnata nell’amministrazione Trump, definita dall’autore come neofascista e dominata da interessi capitalistici concentrati.

Analisi sintetica:

  • L’articolo ripercorre il dibattito teorico sul rapporto tra classe dominante e Stato, evidenziando come la teoria marxista e i suoi sviluppi abbiano mostrato la complessità della “relativa autonomia” dello Stato rispetto agli interessi capitalistici, ma senza negare che la classe capitalista eserciti un controllo decisivo sulle istituzioni politiche.
  • Foster sottolinea che la democrazia americana è stata a lungo giustificata dall’ideologia pluralista, secondo cui il potere politico è distribuito tra varie élite e gruppi di interesse, non monopolizzato da una classe dominante. Questa narrazione è però oggi messa in crisi dalla realtà di un governo sempre più direttamente controllato da una ristretta oligarchia economica.
  • L’ascesa di Trump rappresenta, secondo l’autore, la manifestazione politica di questo processo, con un governo che promuove una ristrutturazione regressiva degli Stati Uniti, basata su una postura di guerra permanente e un controllo statale centralizzato da parte della classe capitalista più concentrata.
  • La crisi del capitalismo statunitense e la polarizzazione politica sono quindi elementi chiave per comprendere il passaggio da una democrazia liberale pluralista a un regime autoritario di destra, in cui la classe dominante non solo influenza, ma governa direttamente lo Stato.

In sintesi, l’articolo offre una critica approfondita e teoricamente informata del declino della democrazia liberale negli Stati Uniti, mettendo in luce come la classe capitalista abbia assunto un ruolo dominante e diretto nel governo, con Trump come espressione politica di questa trasformazione.


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