Nelle mani dei fondi. Il controllo invisibile della grande finanza di Alessandro Volpi

L’ascesa dei fondi internazionali come BlackRock, Vanguard, e State Street nell’economia globale è uno dei fenomeni più significativi della finanza contemporanea, al punto da mettere in discussione i principi stessi della democrazia. Volpi offre un’analisi approfondita di come i colossi finanziari statunitensi abbiano consolidato il proprio potere. Grazie a una fitta rete di partecipazioni incrociate e a una struttura proprietaria volutamente opaca, questi fondi hanno acquisito fette significative delle principali aziende tecnologiche e dei settori strategici, arrivando a controllare circa il 20% delle maggiori società quotate. Tale egemonia ha profondamente alterato gli equilibri economici globali, portando alla creazione di monopoli mascherati, alla manipolazione dei prezzi attraverso iniezioni di liquidità, al condizionamento del settore farmaceutico e al controllo delle agenzie di rating. Le conseguenze sono critiche per la stabilità e l’equità del sistema finanziario mondiale: si assiste allo svuotamento del concetto di libero mercato, all’aumento delle disuguaglianze e alla diminuzione del ruolo della politica, con una concentrazione del potere economico globale.

INDICE DEI CONTENUTI

L’autore
Introduzione. Una nuova élite globale
1. Fotografie dei fondi passivi
2. Numeri impressionanti
3. Prezzi a tutto gas
4. Monopoli dei giganti
5. Modelli sociali
6. Come si agevolano i fondi nel nostro paese
7. L’effetto finale. Il grande condizionamento
8. La centralità degli Stati Uniti
Epilogo. Conclusioni


Le tre grandi cose uscite dal vertice dei Brics di Rio de Janeiro

di Alessandro Volpi — 10 Luglio 2025

FONTE Altreconomia

Dal rispetto delle regole fondamentali del diritto internazionale alla tenuta delle istituzioni finanziarie globali, fino alla progressiva sostituzione del dollaro e a un sistema di pagamenti autonomo, in grado di resistere a sanzioni unilaterali. Il summit del 6 e 7 luglio ha prefigurato nuovi scenari che l’Occidente fa finta di non vedere. L’analisi di Alessandro Volpi

Rappresentano il 50% della popolazione mondiale e poco meno del 45% della ricchezza prodotta a livello planetario. Si sono riuniti a Rio de Janeiro il 6 e il 7 luglio ma sui media italiani, salvo eccezioni (il manifesto ad esempio vi ha dedicato la prima pagina), quasi non ne compare traccia. Si tratta del vertice dei Brics che ha riunito tutto ciò che, semplificando, si può definire “non occidentale”. Il sostanziale silenzio dei media è quindi davvero incredibile anche perché da quel vertice sono uscite almeno tre cose di grande rilievo.

La prima, davvero sorprendente, è costituita dal fatto che proprio i Brics stanno invocando il rispetto del diritto internazionale e del multilateralismo, arrivando persino a “difendere” le istituzioni di Bretton Woods, le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). In altre parole, le principali realtà produttive del Pianeta, che non hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, contribuito né alla definizione degli assetti successivi alla Seconda guerra mondiale, né alla stesura delle regole fondamentali del diritto internazionale e tantomeno alle istituzioni finanziarie globali, chiedono, ora, di fronte al disastro dell’Occidente, di rispettare quelle norme di convivenza collettiva e quelle istituzioni per evitare il collasso dell’umanità.

Chiedono, certo, di avere un maggior peso all’Onu, nel Fondo monetario internazionale (Fmi) e nella Banca Mondiale ma non propongono il loro abbattimento perché sono consapevoli dell’irresponsabilità delle classi dirigenti occidentali e dei loro possibili comportamenti sconsiderati di fronte a rotture degli equilibri maturati negli ultimi 80 anni. I Brics invocano quel multilateralismo che era stato concepito dalla cultura democratica e che ora le logiche di dominio hanno stravolto. I “nuovi barbari”, secondo le definizioni della presidente Ursula von der Leyen e del comandante in capo Donald Trump, manifestano un chiaro sforzo per ristabilire la pace e la tenuta economica complessiva servendosi ancora delle forme istituzionali conosciute, per provare a gestire in modo graduale una trasformazione inevitabile nei fatti.

Il secondo aspetto rilevante è rappresentato dall’idea, maturata dai Brics, di una progressiva sostituzione del dollaro non con un’unica moneta alternativa, ma con il ricorso alle “valute locali”: in pratica, di fronte al declino inesorabile del “biglietto verde”, i Brics pensano di aumentare, ancora una volta gradatamente, il volume degli scambi fatti con le monete dei singoli Paesi, a cui restituire sovranità monetaria, utilizzando il coordinamento di una nuova Banca dello sviluppo, con sede a Shanghai.

Di nuovo, nessuna forzatura egemonica, sotto l’egida di un unico grande potere imperiale, ma un rafforzamento dei singoli Stati in una dialettica generale, dove, naturalmente, condurre un ridimensionamento “pacifico” del dollaro. In questa logica i Brics paiono aver chiaro che sono necessarie politiche monetarie statali in grado di gestire anche processi di adeguamento del valore della moneta all’andamento delle singole economie e, al contempo, sembrano aver compreso quanto sia indispensabile individuare forme di coordinamento fra i vari Paesi per procedere all’emissione di un debito “mutualizzato” in grado di pagare interessi sostenibili e di trovare compratori il cui fine non sia quello di soggiogare le economie indebitate.

Non è ancora il momento -e forse non lo sarà ma- di un’unica moneta egemone del “Sud del mondo”, ma attraverso un coordinamento monetario potrà diventare possibile una fondamentale gestione dei debiti sovrani dei Paesi appartenenti al perimetro dei Brics.

Il terzo elemento è invece più rapido nel suo inveramento ed è costituito da un sistema di pagamenti autonomo che, in primis, impedisca la proliferazione delle sanzioni. Per i Brics non sono più accettabili le condizioni del sistema Swift che, negli ultimissimi anni, ha manifestato un duplice carattere fortemente finanziarizzato, in relazione al costo e alle modalità dei servizi, e altrettanto marcatamente politicizzato in quanto strumento di vere e proprio guerre a tutto tondo.

A Rio, il fu “mondo nuovo” ha dimostrato di avere veramente paura dell’insensatezza dell’Occidente e ha provato a tendergli una mano.

Un libro di Alessandro Volpi ed un suo commento alla Riunione dei Brics a Rio de Janeiro del 6-7/7/25 Il libro — Nelle mani dei fondi : il controllo invisibile della grande finanza / Alessandro Volpi. – Milano : Altreconomia, 2024. – 135 p. ; 20 cm. – (Le talpe).) – [ISBN] 978-88-6516-542-3.