Presentazione
Il saggio di Sam King propone un’analisi critica del rapporto tra Stati Uniti e Cina nel contesto della trasformazione del sistema economico mondiale. L’autore affronta il tema della supremazia statunitense costruita nel secondo dopoguerra e sostenuta attraverso strumenti economici, militari e ideologici, e ne descrive l’evoluzione a fronte dell’ascesa cinese, che negli ultimi decenni ha messo in discussione l’ordine neoliberale e unipolare dominato da Washington. Il cuore del testo consiste in una ricostruzione delle strategie adottate dagli USA per mantenere la loro egemonia—spesso a discapito dei propri alleati e del Sud globale—e delle resistenze emergenti, prima fra tutte quella della Cina, che sostiene un modello alternativo di sviluppo basato su un forte intervento statale.
Sintesi analitica
1. L’egemonia americana e la risposta alla crisi degli anni ’70
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti emersero come potenza egemone, con una posizione dominante sul piano economico e militare. Negli anni ’70, la crisi della redditività e la fine del boom postbellico minarono questa supremazia. La risposta statunitense fu l’adozione del neoliberismo: liberalizzazione, finanziarizzazione e globalizzazione controllata. Tale strategia consentì un rilancio dell’egemonia attraverso la subordinazione degli alleati (Europa, Giappone) e l’integrazione subordinata del Sud globale nelle catene del valore, in ruoli produttivi a basso valore aggiunto.
2. Il ruolo della Cina nella globalizzazione neoliberale
La reinclusione della Cina nell’economia mondiale è avvenuta negli anni ’80 e ’90 sotto precise condizioni: Pechino divenne fornitore di manodopera a basso costo e grande mercato per le merci occidentali. Inizialmente, questo rafforzò il capitalismo globale, rilanciando grandi imprese occidentali come General Motors o Boeing. Tuttavia, la Cina ha mantenuto un forte controllo statale su settori strategici, sottraendosi in parte alle logiche neoliberiste.
3. Il declino relativo degli USA e le contraddizioni del neoliberismo
Nonostante la resilienza della sua egemonia politica e militare, gli Stati Uniti affrontano un declino economico relativo: la loro quota nella manifattura globale si è ridotta a favore di Cina e altri paesi emergenti. Le crisi ricorrenti—ultima quella pandemica—hanno messo in luce le fragilità del modello neoliberista: sanità pubblica sottofinanziata, disuguaglianze crescenti, dipendenza dal capitale finanziario. I paesi del Sud globale, senza capacità industriale autonoma, hanno subito il peso del cosiddetto “imperialismo vaccinale”.
4. Militarizzazione e riaffermazione imperiale
Di fronte al declino economico, Washington ha rafforzato l’elemento coercitivo dell’egemonia: espansione della NATO, nuove alleanze militari in Asia-Pacifico (AUKUS, patti trilaterali), oltre 730 basi militari all’estero. In Europa, il conflitto in Ucraina ha visto un ri-allineamento forzato dell’UE agli interessi strategici USA, in continuità con una logica che non ammette alternative al modello dominante. Il ritorno dell’ideologia bellica e l’attacco a ogni forma di resistenza hanno impedito un’uscita politica dal neoliberismo.
Conclusione
Il saggio di Sam King delinea un impero in crisi, che tuttavia mantiene la sua centralità attraverso la forza più che con la leadership economica o culturale. La Cina rappresenta oggi la sfida più significativa a questo assetto, non tanto per una dichiarata volontà antagonista, quanto per il successo relativo di un modello di sviluppo misto, in cui la pianificazione statale e l’industria pubblica svolgono ancora un ruolo centrale. Il testo suggerisce che l’egemonia statunitense non è eterna, ma mostra anche come essa sia capace di adattarsi, ristrutturarsi e rilanciarsi, spesso in forme più aggressive e autoritarie. In questo quadro, il futuro dell’ordine mondiale dipende dalla capacità dei paesi emergenti, e della Cina in particolare, di sviluppare un’alternativa sistemica credibile, sia sul piano economico che su quello ideologico.