Giovanni Stefanelli, Una chance per la sinistra

Sabato 28 giugno 2025, alla Casa del Popolo La Montanina, si è svolto L’INCONTRO A SINISTRA, organizzato da Diritti a Sinistra Firenze. Una introduzione di Giovanni Stefanelli

Il mio intervento è reso meno difficile da tre elementi. Il primo è rappresentato dai precedenti contributi di Massimo Migani e dalla relazione di Marisa Nicchi che, seppur con riferimenti diversi, hanno entrambi sottolineato il problema che sta allarmando e scuotendo i sentimenti della popolazione mondiale, e cioè la pace, tema sul quale vogliamo ribadire il nostro NO al riarmo e all’aumento delle spese militari. Il secondo elemento è offerto dal ricchissimo parterre di interventi, i cui protagonisti permetteranno al nostro dibattito di collocarsi nella dimensione della complessità e della sperimentazione di un significativo confronto nella sinistra. Infine, l’altro elemento è il titolo assegnato a questo intervento: Una chance per una politica di sinistra a Firenze e nel nostro Paese, dopo i referendum, che è già, di per se, l’estrema sintesi di come DAS vede il futuro, tanto il proprio quanto, in un rapporto di indissolubilità, quello della sinistra.

Questa assemblea, dunque, non intende assolutamente essere una celebrazione di quanto fin qui fatto da DAS, né, quindi, una sorta di tagliando di manutenzione di questa esperienza. Ciò non vuol dire non sottolineare quanto realizzato in questi anni, dal 2017 ad oggi. E lo può ben dire uno che è entrato in corso d’opera, in fase avanzata. Occorre ricordare, in estrema sintesi, i vari terreni su cui DAS è intervenuta in questi anni, prima di tutto quello della pace. E poi, quello politico-culturale, promuovendo dibattiti e iniziative; quello politico-civile-sociale, intervenendo criticamente, con iniziative e raccolte di firme, ad esempio sulla gestione regionale del covid, sui problemi urbanistici e ambientali fiorentini e metropolitani, anche appoggiando i referendum di Salviamo Firenze; il terreno politico tout court, cercando di incidere, in qualche modo, sulle scelte per la nostra città, proponendo al dibattito analisi e contributi programmatici e fornendo sedi di confronto, come abbiamo fatto nel 2019 e nel 2024, anche dando, come per l’ultima tornata elettorale per Firenze, un’indicazione di voto per la discontinuità; la campagna referendaria ultima, appoggiando e impegnandosi, per quanto ci è stato possibile, per la partecipazione al voto e per il successo dei 5 sì.

Ma quello che, forse, ha caratterizzato di più il lavoro di DAS è stata la ricerca di relazioni con quella pluralità di soggetti, spesso espressioni della società civile, che hanno rappresentato di fatto, per le posizioni espresse e per le iniziative intraprese, una visione critica della realtà ed un richiamo forte, alle forze politiche di sinistra, ad uscire dalle logiche subalterne al neo-liberismo e da quella di supposta indiscutibilità del primato del mercato, delle quali il tema dell’invasivo e insostenibile sfruttamento della rendita immobiliare in grandi città come Firenze ne è una più chiara rappresentazione. I tanti soggetti invitati, che oggi hanno garantito la loro gradita presenza, ne sono, in qualche misura, una dimostrazione.

A fianco di queste relazioni fra soggetti “organizzati”, DAS ha cercato di essere, e per alcuni di noi lo è stato, un punto di attrazione di quello che, nel manifesto costitutivo di DAS del 2017, sottoscritto allora da più di 200 persone, veniva definito come “volgo disperso”, riferendosi alla dispersione del popolo di sinistra, composto da compagne e compagni privati di sedi e di contesti collettivi nei quali ritrovare i fili di un pensiero critico e di una azione politica illuminata dai principi di libertà, uguaglianza, solidarietà. Al tempo stesso, DAS è stata anche una sede di incontro fra compagne e compagni collocati politicamente, in modo anche differenziato ma con l’esigenza di andare oltre le impostazioni dei singoli partiti, alla ricerca di un superamento dei limiti della sinistra e di un innalzamento della riflessione e del confronto politico-culturale, per portare la sinistra fuori dalla subalternità al neo-liberismo in cui in parte significativa rimane e della subalternità al politicismo e all’elettoralismo, presente in tutta la sinistra del nostro Paese, per una sinistra capace di analisi e di critica dell’attuale società (Marx) e di coerente visione strategica.

La questione che vorremmo affrontare con questa assemblea è di come collocare il bagaglio di queste esperienze nel processo politico e sociale apertosi con gli ultimi referendum, in rapporto alle domande che tale processo pone nell’attuale situazione politica. Non farò analisi dei risultati elettorali, analisi che emergeranno sicuramente nel dibattito con appropriatezza e qualità. Pare acclarato, però, che i referendum pongono prioritariamente la necessità di riproporre, alla politica, la centralità del lavoro, fuori dal precariato e dall’instabilità e in una prospettiva di qualità, sicurezza, dignità, realizzazione della persona, come appare oggettiva l’altra necessità della sinistra, quella di come rispondere a questa domanda, e ad altre, sia rafforzando l’opposizione all’attuale governo di destra, sia guardando alla sfida democratica e politica che si pone nell’arco temporale da qui alle politiche del 2027. Anche se il rilancio di un discorso coerente politico-programmatico-strategico-teorico avrà necessariamente anche tempi più lunghi.

Non solo al fine di sconfiggere la destra, ma anche – soprattutto in caso di vittoria della sinistra – per dotarsi di un’idea di trasformazione del Paese, non sarà indifferente la strada che i protagonisti decideranno di scegliere sul piano della coalizione da costruire (Floridia ha avanzato sul Manifesto e poi in altre sedi una proposta con più livelli di accordo, politico-programmatico o soltanto elettorale: è un punto significativo per la nostra discussione), ma qualsiasi possa essere strada intrapresa, quello che potrà fare veramente la differenza, e che doterà di senso qualsiasi alleanza, sarà lo spessore politico e culturale della sinistra. Battere elettoralmente la destra è la condizione necessaria ma non sufficiente per una sua sconfitta anche nel Paese. Il disastro che la destra sta producendo sul piano della democrazia, dell’economia, della libertà, dei diritti e del pluralismo, rende impellente e categorico l’obiettivo di una sua sconfitta, ma la sinistra dovrebbe immaginare la sconfitta della destra come condizione necessaria per un’opera di trasformazione di un Paese che, praticamente in tutti i suoi aspetti, non può e non deve essere semplicemente ripristinato, ma trasformato.

Se parliamo di lavoro, è difficile pensare a programmi elettorali che dimentichino i quesiti referendari, a meno che non si alzi il livello di discussione e si riesca a tratteggiare quello che, in sintesi, si definisce, classicamente, un modello di sviluppo altro da quello attuale, che punti non ad una ottimizzazione dell’attuale stato di cose, che sarebbe solo un modo per reiterarlo, ma ad una sua trasformazione, in grado di affrontare le questioni dei salari e degli investimenti, fino a riaffermare con forza la giustezza di una fiscalità progressiva, capace di intervenire con determinazione sui patrimoni e sui profitti.

Insomma, una sinistra capace di avere una visione, nella quale i problemi del lavoro, della sanità, dell’istruzione, della previdenza, dell’ambiente, dei diritti, siano collegati da un rapporto di coerenza con i principi di libertà, uguaglianza, solidarietà. In questo quadro, appare necessaria un riflessione ed una iniziativa sul tema delle riforme istituzionali, con particolare riferimento alle leggi elettorali, perché la sinistra deve dire ai cittadini che, nei processi decisionali, intende collocarli non nella posizione di puri e semplici legittimatori di scelte già fatte, nella quale sono oggi relegati, ma in quella di protagonisti della decisione di quale direzione deve seguire la politica. Una più forte attenzione al principio proporzionale può essere anche importante per riannodare un rapporto positivo con la cittadinanza nell’attuale crisi della rappresentanza e della democrazia.

Per fare questo, occorre capacità di analisi e visione strategica, conoscenza della realtà e coraggio della radicalità, anche presenza politica sul territorio. E’, questo, un dato che emerge dall’esperienza degli attivisti della campagna referendaria, ma non è un dato acquisito nella sinistra e, soprattutto, diffuso in modo omogeneo. In alcuni Comuni della nostra Provincia, pochi ma importanti rispetto all’area in cui sono collocati, e a differenza di quanto avvenuto nel comune di Firenze, i votanti ai referendum sono stati meno dei voti presi alle ultime comunali dai partiti che hanno sostenuto i referendum stessi, e sarebbe sbagliato e fuorviante – e lo dico anche per esperienza diretta – attribuirne la responsabilità alla CGIL anziché ai contesti politici, spesso basati su logiche totalmente autoreferenziali e di governismo all’interno dei partiti di quei territori.

Da importanti ed autorevoli contributi, viene indicata la necessità di ritessere un rapporto fra cultura e politica per un’opera di ricerca, di analisi, di progettazione. Essendo una delle esigenze che pone anche DAS, siamo perfettamente d’accordo. E in tal senso vediamo l’esigenza che a ciò guardino gli istituti di ricerca della sinistra, a cominciare dal Crs-Toscana e dall’Istituto Gramsci Toscano. Ovviamente, considerando che la ricerca e l’analisi non sono mai neutre, viene spontanea la domanda: per andare in quale delle possibili direzioni che la sinistra ha davanti?

La sinistra, con le persone, ovunque collocate, organizzate e soprattutto non organizzate che la compongono può ridarsi un’identità politica? Può svolgere un ruolo, influire sulle scelte della politica che si presenta come sinistra? Può rilanciarsi e rilanciare, insieme un discorso critico e di cambiamento e una prospettiva strategica di fuoruscita da un sistema che sta rompendo con la democrazia (si parla da tempo di post-democrazia), che ha portato l’ineguaglianza sociale a livelli insostenibili (con il concentrarsi della ricchezza sempre più al vertice della piramide sociale), che mette a rischio estremo l’ambiente, che porta con sé la guerra ad ogni piè sospinto e il riarmo come necessità per rilanciare una domanda stagnante, che non ha più spinta propulsiva di alcun genere?

Difronte a questo scenario e a queste domande, crediamo opportuna una fase nuova, una nuova stagione di DAS anche con la sua ridefinizione politico-organizzativa. E’ questa una proposta che sottoponiamo al dibattito. Non certo un nuovo partito, ma un’aggregazione, culturale e politica, di persone di sinistra, sia aderenti a formazioni politico-partitiche esistenti che non-organizzate. Un’aggregazione di persone di sinistra che si riconfiguri tramite un rapporto di confronto e di interscambio al suo interno, svolto in modo aperto, senza pregiudizi, nella chiarezza, ma facendo cadere ostacoli alla discussione e ad una possibile iniziativa, dovuti ad un passato-presente segnato da troppe divisioni e contrapposizioni. Un’aggregazione di persone di sinistra che possa produrre analisi, dibattito politico e teorico, temi di discussione pregnanti e obiettivi di lotta. Un’aggregazione di persone di sinistra che sia in grado di portare tutto questo, criticamente e attivamente, dentro la discussione politico-generale a sinistra e dentro le formazioni politiche in cui ad un’idea di sinistra si fa riferimento. Un’aggregazione di persone di sinistra – in qualche modo flessibile e sperimentale – che tenti, con tutta la disponibilità al confronto aperto e con l’ostinazione necessari, di smuovere le acque a sinistra e che, sviluppandosi e, soprattutto, costituendo un punto di richiamo possibile per tante e tanti non-organizzate e non-organizzati, possa essere di riferimento per l’iniziativa critica e pressante, necessaria e da portare (nei limiti del possibile) ad ogni livello: non solo fiorentino-metropolitano, ma anche regionale e nazionale. Un’aggregazione di persone di sinistra che si pongano, nel loro fare politica, anche l’obiettivo che la politica sia per la persona dimensione in cui riconoscersi e realizzarsi.