Il potere: Una prospettiva riformista / Alessandro Roncaglia

Roncaglia, Alessandro <1947-
Il potere : una prospettiva riformista / Alessandro Roncaglia. – Bari ; Roma : Laterza, 2023. – VI, 290 p. ; 21 cm. – (Anticorpi ; 81).) – [ISBN] 978-88-581-5148-8. – [BNI] 2023-6248

In Il potere: Una prospettiva riformista, l’economista Alessandro Roncaglia smonta le narrazioni polarizzate sul potere – tra mito del level playing field e teorie complottiste – per mostrarne la natura multidimensionale. Attraverso un’analisi storico-economica (dalla divisione del lavoro al capitalismo finanziario) e sociopolitica (Stato, reti, cultura), dimostra che:

  1. Le disuguaglianze sono strutturali, ma non immutabili.
  2. Il neoliberismo ha aggravato squilibri di potere e ricchezza.
  3. Riforme progressive sono possibili, puntando su giustizia sociale, diritti e riduzione delle asimmetrie.

Un manifesto per un riformismo illuminato, tra utopia ragionevole e concretezza.

Scheda Sintetico-Analitica

1. Struttura e Approccio

  • Metodologia: Analisi interdisciplinare (economia, sociologia, scienza politica) con approccio storico-materialista.
  • Linea argomentativa:
    • Diagnosi: Mappatura delle forme di potere (cap. 1-7).
    • Proposta: Strategia per riforme egalitarie (cap. 8-10).

2. Tesi Centrali

  • Il potere è “arcobaleno”:
    • Economico: Oligopoli, finanza, divisione internazionale del lavoro (cap. 3).
    • Politico: Stato come monopolio della forza e contropotere (cap. 5).
    • Culturale: Egemonia, media, tecnocrazia (cap. 6).
    • Reti: Dal familismo alla criminalità organizzata (cap. 4).
  • Critica al neoliberismo: Globalizzazione finanziaria ha aumentato concentrazione di potere (cap. 10).

3. Punti Chiave

  • Divisione del lavoro: Origine delle disuguaglianze (cap. 2).
  • Capitalismo manageriale/finanziario: Trasformazioni del potere economico (cap. 3).
  • Stato sociale: Necessità di regolazione contro squilibri (cap. 5).
  • Etica del potere: Bene comune > libertà individualista (cap. 8).

4. Proposte Politiche

  • Riforme di struttura:
    • Riduzione disuguaglianze (reddito, genere, accesso alla cultura).
    • Alleanza progressista tra movimenti sociali e istituzioni.
    • Nuovo ruolo UE e governance globale (cap. 10).
  • Contro demagogia: Approccio pragmatico, non utopico.

5. Pregi e Limiti

✔ Pregi:

  • Sintesi chiara di teorie classiche (Marx, Weber, Keynes).
  • Approccio concreto: esempi italiani (P2, evasione fiscale).
    ✔ Limiti:
  • Trattazione marginale di potere digitale e Big Tech.
  • Scarsa attenzione a ecologia e conflitti generazionali.

Target

  • Accademici: Economisti, politologi.
  • Attivisti/Policy maker: Per strategie di cambiamento realistiche.
  • Cittadini critici: Chi cerca strumenti per decodificare asimmetrie sociali.

Lessico chiave: Power asymmetry – Neoliberismo – Riformismo – Reti occulte – Stato sociale – Egemonia culturale

Edizione: Laterza, 2023 | Pagine: 350 | ISBN: 978-88-581-5708-4

Indice

 Introduzione

 1. Il potere, concetto multidimensionale
 2. Schema del lavoro
 3. L’obiettivo politico e la strategia  delle riforme di struttura
 1.
 I volti del potere

 1. Qualche cenno storico
 2. Come definire il potere
 3. Tipi, aree, strumenti, motivazioni del potere
 4. Processi cumulativi e processi di bilanciamento
 2.
 L’origine delle diseguaglianze

 1. Divisione del lavoro e ricchezza delle nazioni
 2. Divisione del lavoro e stratificazione sociale: le origini
 3. Divisione del lavoro e alienazione
 4. Le classi sociali
 5. Altri aspetti della stratificazione sociale
 6. Divisione del lavoro e stratificazione sociale: l’evoluzione
 7. La divisione internazionale del lavoro
 8. Le utopie sulla divisione del lavoro
 3.
 La moderna proprietà capitalistica e la finanza

 1. Accumulazione originaria, capitalismo mercantile e capitalismo manifatturiero
 2. Dal capitalismo concorrenziale al capitalismo manageriale
 3. L’oligopolio come forma di mercato dominante
 4. Potere di dominio e potere di rete
 5. La costruzione del mercato
 6. Il capitalismo dei gestori finanziari
 7. Il potere nell’epoca della finanza
 4.
 Le reti

 1. L’utopia (o distopia?) della società meritocratica
 2. Le reti bianche: famiglie, religioni, partiti
 3. Le reti grigie: dal familismo amorale alla massoneria
 4. Le reti nere: la P2
 5. La criminalità organizzata
 5.
 Lo Stato

 1. La nascita dello Stato
 2. Weber: lo Stato come monopolio della forza legittima
3. Contratto sociale e sentire comune
 4. Lo Stato: strumento di potere di classe, costruzione giuridica del mercato e ordine spontaneo
 5. Ordine interno e amministrazione della giustizia
 6. Difesa e potere militare
 7. Lo Stato come contropotere al potere economico
 8. Stato sociale e tipi di regolazione
 6.
 Culture e poteri

 1. Il discorso pubblico e i suoi requisiti
 2. Il concetto di egemonia
 3. Le masse
 4. Società civile e Stato
 5. Il ruolo delle religioni
 6. Conoscenza tecnocratica e ruolo delle élites
 7. Il dibattito sulle due culture
 8. I nuovi media e la corruzione del discorso pubblico
 7.
 La dimensione spaziale del potere

 1. I livelli spaziali del potere
 2. Famiglia e clan familiare
 3. Poteri locali
 4. Lo Stato centralista e lo Stato federale
 5. Le multinazionali
 6. Confederazioni e alleanze
 7. Lo scontro di civiltà
 8. Le migrazioni
 9. Il sistema monetario internazionale
 10. L’Unione Europea
 8.
 L’etica del potere tra bene comune ed eguaglianza

 1. Individuo e società
 2. Il concetto di bene comune
 3. Idee di giustizia
 4. Idee di libertà
 5. Giustizia e libertà
 6. Le utopie del potere arcobaleno
 9.
 La strategia delle riforme di struttura

 1. Sinistra e destra
 2. Critica dell’obiettivo di eguaglianza assoluta
 3. Tendenza all’eguaglianza
 4. Il progresso è solo possibile
 5. La strategia delle riforme di struttura: la teoria
 6. Uno schema flussi – stock dei rapporti di potere
 10.
 Materiali per una utopia ragionevole

 1. La strategia delle riforme di struttura: la pratica
 2. Una fase di arretramento
 3. Il neoliberismo e le carenze del dibattito economico
 4. Conseguenze e (sperabile) crisi del neoliberismo
 5. La strategia delle riforme di struttura: le relazioni internazionali
6. La strategia delle riforme di struttura: l’Italia
 7. Speranze e cautele
 Bibliografia

Introduzione

 1. Il potere, concetto multidimensionale

 All’opposto del sesso, di cui si parla molto più di quanto lo si pratichi, il potere è un argomento di cui si parla relativamente poco, mentre in tanti dedicano una quantità enorme di tempo a perseguirlo. Eppure, almeno in linea di principio il riserbo dovrebbe essere naturale nel primo caso; nel secondo, invece, ogni cittadino dovrebbe essere interessato a formarsi un’idea della distribuzione del potere nella società: dei fattori che la determinano e dei cambiamenti che subisce nel corso del tempo.

 Qui siamo interessati al potere come questione sociale. L’argomento è di grande interesse di per sé, ma anche per il suo carattere trasversale a diversi campi di ricerca. Il potere è un concetto arcobaleno: non si riesce mai a capire dove inizia e dove finisce, e ha tanti aspetti diversi che si intersecano, con confini che sfumano gradualmente nel passaggio dall’uno all’altro. C’è il potere connesso alla forza fisica e al carisma individuale o a un ruolo nell’amministrazione pubblica o della giustizia o in un’organizzazione (ad esempio un’impresa), il potere economico e quello politico, il potere dello Stato o quello connesso alla posizione sociale dell’individuo e così via. Proprio per questo il tema è difficile da trattare: è praticamente impossibile fornire un quadro chiaro e coerente della situazione in un dato momento; gli elementi che intervengono a modificare lo stato delle cose nel corso del tempo sono troppi e troppo variegati per poter individuare in modo univoco una direzione di marcia, se non in termini estremamente grossolani.

 È impossibile dominare un campo così ampio e complesso. Chi scrive è un economista; i ricercatori competenti in altre discipline troveranno inevitabilmente semplicistiche le mie pur faticate incursioni in questi campi, comunque necessarie per sviluppare l’argomento. Infatti, come osservava Bertrand Russell (1938, p. 108), «L’economia come scienza separata è irrealistica e fuorviante se presa come guida per la pratica. È solo un elemento – un elemento molto importante, è vero – di uno studio più ampio, la scienza del potere».

 D’altronde, chiunque desideri cambiare per il meglio la società in cui viviamo, qualsiasi cosa ciò significhi – e tutti o quasi tutti abbiamo sentito il richiamo etico di questo obiettivo – , deve porsi il problema del potere: di quale tipo di potere sia necessario e di come acquisirlo, per poter avere un ruolo davvero attivo; di come valutare la situazione che ci sta di fronte, per capire in quale direzione conviene operare e quali vincoli limiteranno la nostra azione. Per un riformatore – un termine che cercheremo di precisare più avanti – un’analisi del potere è un prerequisito per l’azione. In concreto, a indirizzare l’azione spesso è il fiuto che caratterizza il buon politico; ma un po’ di riflessione e di ragionamento non guastano mai.

 In sintesi, l’obiettivo di questo lavoro non è elaborare una teoria astratta del potere ma illustrarne i diversi aspetti per un uso politico, finalizzato alla realizzazione di riforme di struttura: un utilizzo trasformativo e non conservatore, a fini di cambiamento e non di difesa dell’esistente. Di qui un’alternanza tra diversi livelli analitici: anche i ragionamenti più astratti sono influenzati dagli obiettivi politici.

 Per riforme di struttura non intendiamo – contrariamente all’uso oggi corrente – quelle dirette a migliorare l’efficienza del sistema economico. Intendiamo quelle dirette a rendere meno diseguale la distribuzione del potere nella società, pur senza trascurare l’efficienza, nella tradizione avviata da Riccardo Lombardi. Proprio la natura complessa del potere rende (o dovrebbe rendere) necessaria un’adeguata riflessione per individuare strategie politiche utili e non controproducenti per il progresso civile. La demagogia – chiedere tutto, e poi qualcos’altro – è uno sport nel quale eccellono i politici più reazionari, ed è in ogni caso la strada migliore per consolidare la struttura di potere preesistente, se non per peggiorarla.

 Con la sua teoria della probabilità, Keynes (1921) insegnava che, pur circondati dall’incertezza, conviene raccogliere informazioni e ragionare su di esse: la fiducia nella ragione, accompagnata da una costante cautela, ha le stesse radici culturali – l’Illuminismo – della fiducia nelle possibilità di progresso delle società umane. La ricerca ha di regola una motivazione normativa: conoscere, al meglio delle nostre capacità, per poter agire in modo utile.

 Credo perciò che valga la pena compiere un ennesimo tentativo di ragionare sul potere, cioè di comprendere la sua natura e la sua distribuzione nella società. I cenni sui diversi aspetti del problema non potranno essere trattazioni approfondite, tanto meno esaurienti: servono essenzialmente per mostrare come ciascun aspetto rientri nel contesto del problema complessivo. Per questo, i risultati della ricerca debbono essere considerati parziali e provvisori.

 Spero comunque che questo lavoro sia sufficiente a respingere due ideologie opposte, ma egualmente irrealistiche ed entrambe operanti in senso conservatore: da un lato, l’idea che le nostre società siano caratterizzate da un level playing field , un terreno di gara ben livellato tale da non avvantaggiare o svantaggiare alcuno dei concorrenti rispetto agli altri, in cui sarebbe quindi il merito dei singoli, assieme alla casualità della fortuna, a determinare i risultati di ciascuno; dall’altro lato, la mitologia complottista di un centro di potere mondiale invisibile da cui tutto dipende e al quale tutti sono asserviti. La realtà è ben più variegata: presenta diseguaglianze profonde e radicali, ma anche margini di libertà d’azione che possiamo utilizzare, appunto, per contrastare tali diseguaglianze e le loro cause.

 2. Schema del lavoro

 Come vedremo nel capitolo 1, abbiamo una griglia di possibili elementi interpretativi (il potere come barriera, come appartenenza a reti, come peso nella società) e campi di applicazione (politico, economico, culturale): una griglia complessa, ma forse ancora troppo semplice. Questo complica l’individuazione di una linea espositiva adeguata. Tuttavia, la difficoltà di trovare un filo logico indenne da critiche non può immobilizzarci ai blocchi di partenza. Sia sufficiente, dunque, una nota di cautela: la linea espositiva adottata ha le sue buone ragioni, ma altre linee di ragionamento hanno pure una loro validità. Una scelta – ovviamente criticabile – è comunque inevitabile.

 Una possibile alternativa avrebbe riguardato un’analisi del potere nell’ottica delle teorie della giustizia. Ma piuttosto che partire da ciò che dovrebbe essere preferisco partire da ciò che è, per poi vedere se e come è possibile migliorare. Evitiamo così la pretesa di raggiungere un obiettivo ultimo, ottimale, o anche solo di definirlo, e ci limitiamo a indicare una direzione di marcia: una distribuzione meno diseguale del potere. Resta aperta ai lettori la possibilità di leggere per primi i tre capitoli conclusivi, più propositivi, mentre la prima parte è più analitica.

 Tutto sommato, converrà seguire Adam Smith e partire dalla divisione del lavoro (capitolo 2). Essa è alla base di una distribuzione ineguale di ruoli lavorativi e sociali, di redditi e ricchezze; la sua evoluzione è alla base dello sviluppo economico e dei cambiamenti nella struttura sociale. Discuteremo per primi gli aspetti del potere che hanno più direttamente a che fare con l’economia: la differenziazione dei ruoli produttivi e dei redditi. Considereremo poi, nel capitolo 3, il problema del potere di controllo sulle diverse unità produttive, l’importanza relativa di alcune di esse e il ruolo dei meccanismi della finanza, che influiscono su ritmi e struttura settoriale dello sviluppo economico.

 Le reti di incroci azionari non sono che un tipo di una specie più generale, le reti come struttura di generazione e accrescimento del potere, attive nei più diversi campi della vita sociale. Nel capitolo 4 distinguiamo tre diversi tipi di reti: bianche (pienamente legali), basate sulla solidarietà familiare, sulle fedi religiose, sulle convinzioni politiche, sulle relazioni economiche; grigie, non illegali ma con dubbie fondamenta morali, basate sullo scambio di favori; nere, illegali, come le associazioni di tipo mafioso o la P2. L’importanza di queste ultime è spesso sottovalutata nelle analisi teoriche del potere. Consideriamo poi il potere politico centrato sullo Stato (capitolo 5), il rapporto tra cultura e potere (capitolo 6), la dimensione spaziale del potere, dalle famiglie fino alle relazioni internazionali (capitolo 7).

 3. L’obiettivo politico e la strategia  delle riforme di struttura

 Per quanto sintetica, quest’analisi delle diverse dimensioni del potere permette di affrontare il passo successivo: le possibili strategie d’intervento.

 Si pongono al riguardo problemi etici, affrontati nel capitolo 8. Di per sé il potere non è né bello né brutto, né buono né cattivo: è un dato di fatto, con il quale occorre fare i conti, senza demonizzarlo e senza esaltarlo. Sul piano etico, i problemi riguardano non la sua esistenza, ma il giudizio da dare rispetto alla sua configurazione in un dato momento storico e in una data società e l’atteggiamento da adottare rispetto alla situazione che ci troviamo di fronte, tenendo conto degli obiettivi di bene comune, di giustizia e di libertà.

 Se quello che conta non è il punto di arrivo – perché la meta finale non è definibile in modo univoco né conseguibile in modo compiuto – conviene concentrarsi sulla strada da seguire: la progressiva estensione dei diritti, seguendo il suggerimento di Bobbio, e una distribuzione sempre meno diseguale dei poteri, nelle loro molteplici declinazioni, seguendo la strategia delle riforme proposta da Riccardo Lombardi. Su questi temi si sofferma il capitolo 9.

 Giungiamo così, nel capitolo 10, al problema della definizione di strategie concrete per la situazione di oggi, concentrando l’attenzione sul caso italiano.

 La storia dell’umanità è nel complesso caratterizzata da progressi innegabili, ma sono pure possibili ripieghi temporanei e/o locali. Così, mentre nei primi decenni dopo la seconda guerra mondiale si sono fatti importantissimi passi in avanti, a partire dagli anni Settanta importanti progressi nel campo dei diritti civili (in particolare, delle diseguaglianze di genere) sono stati accompagnati da elementi di regresso. In campo economico, in seguito all’affermazione del neoliberismo e alla connessa globalizzazione finanziaria, la concentrazione del potere e gli squilibri nella distribuzione del reddito e della ricchezza sono cresciuti. In campo politico, la diffusione della demagogia e del populismo richiama in modo preoccupante la manovrabilità delle masse, che ha favorito l’affermazione di regimi autoritari/totalitari come il fascismo e il nazismo.

 È difficile, ma non impossibile, capovolgere queste tendenze, e progredire sulla strada delle libertà individuali e della giustizia sociale. La formazione di un nuovo consenso attorno a politiche di progresso richiede azioni complementari in campo culturale, politico ed economico, con un’alleanza progressista attorno al cammino sempre difficile dell’eguaglianza di genere, della difesa dell’ambiente, della riduzione delle diseguaglianze economiche e di potere, della diffusione della cultura e dell’educazione e della difesa dei diritti civili.

 Nel bene e nel male, tutto questo giustifica l’ennesimo tentativo di definire una società più giusta – una società in cui la distribuzione dei poteri sia meno diseguale – e di identificare i sentieri lungo cui muoversi per procedere in quella direzione. La strategia delle riforme di struttura è un elemento importante della mia formazione politica giovanile; all’epoca (gli anni Sessanta del secolo scorso) veniva declinata in scelte politiche ragionate e discusse con il massimo rigore possibile in dibattiti aperti e approfonditi tra politici, economisti, giuristi. Riflettere sulla multiforme natura del potere mi è sembrato utile per tentare di ridare vita a questa strategia, dopo decenni di oblio e in una situazione radicalmente mutata.

 I temi qui trattati sono stati discussi a lungo, nel corso di decenni di lavoro politico in comune, con Roberto Villetti; questo libro è dedicato a lui, con affetto, in ricordo della nostra lunga collaborazione.

 Mio fratello Gino mi ha dato un grande aiuto, con suggerimenti di lettura, spunti di riflessione, osservazioni critiche, ma soprattutto sul piano psicologico, scommettendo che sarei arrivato a finire questo lavoro quando tanti amici pensavano che non ci sarei riuscito.

 Assieme a Roberto e Gino ringrazio, sempre senza coinvolgerli nel risultato finale, Michele Alacevich, Marco D’Eramo, Anna Gialluca, Maria Chiara Malaguti, Roberto Petrini, Michele Salvati, Roberto Schiattarella, e soprattutto Arnaldo Bagnasco, Carlo D’Ippoliti e Mario Tonveronachi, che hanno letto precedenti stesure di questo lavoro o di alcuni capitoli fornendo osservazioni critiche e costruttive assai utili. Ringrazio anche Tom Ferguson, Philip Good e i quattro referees anonimi dell’edizione inglese di questo libro, in corso di pubblicazione con la Cambridge University Press. Quell’edizione è più ampia di questa, per quanto riguarda la letteratura presa in considerazione e alcune osservazioni collaterali; ma confido che nulla di sostanziale sia omesso nella versione italiana, che spero risulti di più agevole lettura.